TAR Brescia, sez. I, sentenza 2024-10-25, n. 202400847
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Pubblicato il 25/10/2024
N. 00847/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00870/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 870 del 2023, proposto da
Comune di Odolo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M P e R R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dell'Interno - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Brescia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via S. Caterina, 6;
nei confronti
Ghidini Metalli s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Fiorenzo Bertuzzi, Gianpaolo Sina e Silvano Venturi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lombardia, Comunità Montana di Valle Sabbia, ATS Brescia, Agenzia Regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) - Lombardia, Ufficio d’Ambito di Brescia, Comune di Serle, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- dell’atto dirigenziale n. 2279 del 27.07.2023 della Provincia di Brescia, costituente provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) per la realizzazione e l'esercizio del progetto, presentato dalla società Ghidini Metalli s.r.l., di nuova installazione IPPC di produzione di pani di rame e relative leghe mediante fusione, di cui alla categoria principale 2.5 b) dell'allegato VIII alla parte II del d.lgs. 152/2006, ubicato in Comune di Odolo (BS);
- di tutti gli allegati al precedente atto dirigenziale, costituiti dal provvedimento di VIA, dall'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), sostitutiva dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera, dell'autorizzazione allo scarico idrico e dell'autorizzazione unica alla realizzazione e gestione dell'impianto rifiuti di cui all'art. 208 del d.lgs. 152/2006, nonché dall'allegato edilizia;
- dei verbali delle conferenze di servizi decisorie del 18.04.2023 e del 19.06.2023;
- del contributo istruttorio VIA di ATS-Brescia n. 73452 del 17.04.2023 in materia di Valutazione di Incidenza Sanitaria;
- del contributo tecnico-scientifico in materia di VIA di ARPA - Dipartimento di Brescia n. 74473 del 18.04.2023;
- del parere finale di ARPA - Dipartimento di Brescia in materia di impatto acustico n. 115897 del 15.06.2023;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale compresi: la proposta di assenso allo scarico in pubblica fognatura delle acque meteoriche di prima pioggia dell'Ufficio d'Ambito di Brescia n. 116518 del 15.06.2023;il parere favorevole del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco n. 24740 del 10.10.2019;il parere reso dal Comune di Serle in qualità di ente gestore del sito Rete Natura 2000 IT2070018 Altopiano di Cariadeghe.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia, di Ghidini Metalli s.r.l. e del Ministero dell’Interno - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Brescia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2024 il dott. P B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto dirigenziale n. 3331/2019 la Provincia di Brescia ha disposto di assoggettare alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) il progetto presentato dalla società Ghidini Metalli s.r.l. avente ad oggetto la realizzazione di un nuovo impianto di fusione di metalli nel Comune di Odolo. In particolare, come si legge nel predetto provvedimento, l’istanza “ …ha come oggetto lo spostamento dell’attività attualmente esistente nello stabilimento di Lumezzane presso lo stabilimento di Odolo… ”, ove la ditta svolge già “…l’attività di messa in riserva (R13) e pre-trattamento (R12) di rifiuti non pericolosi metallici ferrosi e non ferrosi in conformità all’Autorizzazione ex art. 208 rilasciata con AD n. 2506 del 18/07/2018 rilasciata dalla Provincia di Brescia ”.
In data 17/12/2019 la società Ghidini Metalli s.r.l. ha pertanto presentato alla Provincia di Brescia, ai sensi degli artt. 23, comma 1, 27-bis, comma 1, d.lgs. n. 152/2006 e 4 del regolamento regionale n. 2/2020, istanza per il rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale per la realizzazione e l’esercizio del progetto di nuova installazione IPPC di produzione di pani di rame e relative leghe mediante fusione, di cui alla categoria principale 2.5 b) dell’allegato VIII alla parte II del d.lgs. 152/2006, ubicato nel Comune di Odolo.
Nel corso dell’istruttoria il Comune di Odolo ha espresso parere negativo, rilevando la contrarietà del progetto alle NTA del Piano di Governo del Territorio (PGT) e rappresentando una serie di criticità derivanti dalla sua realizzazione.
Con atto dirigenziale n. 2279 del 27.07.2023 la Provincia di Brescia ha disposto di “ adottare ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 27-bis del d.lgs. 152/2006, per le ragioni di cui in premessa, la determinazione motivata di conclusione con esito favorevole della conferenza dei servizi decisoria, costituente provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR)… ” e ha dato atto che tale provvedimento comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi per la realizzazione e l’esercizio del progetto individuati nell’ambito del procedimento, tra i quali l’autorizzazione integrata ambientale (AIA).
Avverso tale provvedimento, gli atti allegati allo stesso e tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, il Comune di Odolo ha proposto ricorso davanti a questo Tribunale, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento.
Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Brescia, il Ministero dell’Interno - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Brescia e la controinteressata Ghidini Metalli s.r.l.
Con ordinanza n. 486 del 9.12.2023 questa Sezione ha accolto la misura cautelare ai fini della fissazione dell’udienza pubblica di trattazione nel merito del ricorso ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a.
All’udienza pubblica del 26 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
In via preliminare, deve essere esaminata la richiesta del Comune ricorrente – formulata nella memoria da ultimo depositata in vista dell’udienza pubblica – di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, lett. b), l.r. Lombardia n. 26/2003 nella parte in cui attribuisce alla Provincia la competenza ad emanare l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti in violazione della competenza esclusiva del legislatore statale in materia di tutela dell’ambiente (art. 117, comma 2, lett. s), Cost.), il quale ha invece attribuito tali funzioni alla Regione senza prevedere la possibilità di delega agli enti locali (art. 208 d.lgs. n. 152/2006). Parte ricorrente lamenta inoltre l’incostituzionalità dell’art. 22 d.l. n. 104/2023 nella parte in cui pretende di fare salve retroattivamente “… le disposizioni regionali, vigenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, che hanno trasferito le funzioni amministrative... ” di cui agli articoli 194, comma 6, lettera a), 208, 242 e 242-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, agli enti locali di cui all'articolo 114 della Costituzione.
Ad avviso del Collegio, la questione di costituzionalità difetta del requisito della rilevanza in quanto nel ricorso non è stato proposto alcun motivo in relazione al quale assume rilievo la disciplina del riparto di competenza, di cui il ricorrente si duole solamente nell’ultima memoria depositata in vista dell’udienza pubblica.
Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che “ …l'illegittimità costituzionale di una norma che disciplina il quomodo di esercizio del potere legittima il giudice all'annullamento del provvedimento soltanto qualora il ricorrente abbia articolato uno specifico motivo relativo alla illegittimità costituzionale della norma o almeno qualora abbia utilizzato tale norma come parametro di legittimità dei motivi di ricorso, pur non rilevandone espressamente la costituzionalità ” (Cons. di Stato, sent. n. 4523/2023).
Nel caso di specie, il ricorrente non ha censurato il provvedimento impugnato per incompetenza dell’autorità emanante, con la conseguenza che, in assenza di un motivo che quantomeno individui la norma attributiva della competenza quale parametro di legittimità del provvedimento gravato, la questione di costituzionalità, pur rilevabile d’ufficio, difetterebbe del requisito della rilevanza essendo il processo amministrativo basato sul principio dispositivo e dunque ancorato ai motivi di ricorso.
Ciò posto, si deve ora passare all’esame dei motivi di ricorso.
Con il primo motivo (punto II del ricorso) il Comune ricorrente denuncia la violazione dell’art. 208, comma 6, d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 93.5 delle Norme tecniche di attuazione del PGT comunale per essere stata approvata la variante urbanistica nonostante la presenza del dissenso dello stesso Comune ricorrente.
Il motivo è infondato.
L’art. 208 d.lgs. n. 152/2006, al comma 3, prevede che “ La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza ”, e al successivo comma 6, dispone espressamente che “ Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori ”.
Nell’interpretare tale disciplina la giurisprudenza pronunciatasi in materia ha affermato che “…a prescindere dai profili circa la corretta e congrua motivazione che deve sorreggere ogni provvedimento amministrativo - l’autorizzazione unica de qua può essere rilasciata dalla Regione (o dall’Ente delegato) qualora la conferenza di servizi, con decisione “assunta a maggioranza”, abbia espresso parere favorevole (come appunto avvenuto nel presente caso), senza che possa riconoscersi al Comune alcun “potere di veto”, come invece erroneamente preteso dal Comune di Lecco: un siffatto potere di veto, infatti, non è previsto da alcuna disposizione normativa, né è in alcun modo desumibile dalla ratio del citato articolo 208, che ha invece introdotto uno speciale procedimento in deroga al normale quadro degli assetti procedimentali e sostanziali in materia di costruzione e gestione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti (Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5659 del 2015);siffatta disposizione, del resto, “è significativa della volontà del legislatore di coordinare in modo armonico l’esercizio dei concorrenti poteri di pianificazione spettanti ai diversi livelli di governo del territorio e, secondo il consolidato indirizzo ermeneutico seguito dalla giurisprudenza costituzionale, appare anzi doverosa la leale collaborazione degli enti territoriali nel rispetto delle reciproche prerogative, anche costituzionalmente tutelate” (Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 4991 del 2020) ” (Cons. di Stato, sent. n. 5376/2022, cfr. anche Cons. di Stato, sent. n. 6088/2022, punto 20.2 della motivazione, secondo la quale “… (l’autorizzazione unica ex art. 208 comma 6, del d.lgs. n. 152/2006 determina comunque una variante urbanistica indipendentemente dall’assenso del Comune e, addirittura, persino in caso di dissenso espresso, tanto che l’atto è idoneo a spiegare direttamente effetti sulla pianificazione territoriale, costituendo variante puntuale che non necessita di alcuna manifestazione di assenso da parte degli enti, in via ordinaria, competenti per la pianificazione) ”, e da ultimo cfr. Tar Friuli Venezia Giulia sent. n. 257/2023, punto 9.2 lett c) della motivazione).
Alla luce dei suesposti principi normativi e giurisprudenziali, risulta pertanto infondata la tesi di parte ricorrente secondo la quale il provvedimento autorizzatorio di cui all’art. 208 d.lgs. n. 152/2006 può comportare una variante allo strumento urbanistico solamente in caso di assenso da parte del Comune in sede di conferenza di servizi.
Con il secondo motivo (punto III del ricorso) il Comune ricorrente denuncia la carenza di motivazione del provvedimento impugnato per superare il dissenso espresso dallo stesso Comune.
Il motivo è infondato.
Ed invero, nell’allegato provvedimento di VIA la scelta localizzativa dell’impianto, anche in relazione alle alternative praticabili, viene motivata ai punti 2 e 3.
In particolare si afferma quanto segue: “ Nello SIA è riportata una sintetica analisi delle alternative considerate, tra cui l’alternativa 0, dalla quale emerge in particolare l’opportunità di riunire le due attività presso un’unica sede anche al fine di ridurre il traffico indotto. L’analisi condotta ha evidenziato l’impossibilità di scegliere come sito di progetto l’attuale sede di Lumez-zane, per ragioni di spazio insufficiente e ubicazione in un’area residenziale e l’opportunità di non considerare l’ipotesi di individuare una terza sede, differente sia rispetto a quella di Lumezzane che a quella di Odolo, per gli impatti correlati al consumo di suolo che andrebbe a generare. ARPA a tal proposito osserva che l’impianto fusorio della società Ghidini Metalli S.r.l. in comune di Lumezzane è ubicato all’interno di un’area prevalentemente residenziale e che pertanto la sua delocalizzazione in area industriale rappresenterebbe un’alternativa opportuna ”.
Ad avviso del Collegio, tale motivazione relativa alla scelta di localizzazione del sito di progetto non presenta profili di manifesta illogicità o irragionevolezza, aspetti cui è limitato il sindacato del giudice amministrativo.
Sul punto, si devono richiamare i principi giurisprudenziali secondo i quali “ …nelle decisioni di compatibilità ambientale, riguardanti gli aspetti di localizzazione di un'opera, non vengono ad emersione soltanto questioni meramente specialistiche involgenti la discrezionalità tecnica, bensì anche valutazioni di opportunità che costituiscono espressione della discrezionalità amministrativa, sindacabile, anch'essa, esclusivamente per univoci e inconfutabili vizi logici o di completezza o correttezza dell'istruttoria (Cons. Stato Sez. II, 07 settembre 2020, n. 5380;Sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392;Sez. V, 09 aprile 2015, n. 1805) ” (Cons. di Stato, sent. n. 9078/2022).
Con il terzo motivo (punto IV del ricorso) il Comune ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione degli artt. 6 d.lgs. n. 152/2006 e 4 l.r. n. 12/2005 per la mancata sottoposizione della variante urbanistica alla valutazione ambientale strategica (VAS) o alla verifica di assoggettabilità a VAS.
Il motivo è infondato.
L’art. 6, comma 12, d.lgs. n. 152/2006 prevede espressamente che “ Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale, urbanistica o della destinazione dei suoli conseguenti all'approvazione dei piani di cui al comma 3-ter, nonché a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere ”.
Al riguardo, il Consiglio di Stato ha affermato che “…mentre la valutazione di impatto ambientale ha ad oggetto un progetto o un'attività puntuale, le attività pianificatorie o programmatorie devono essere sottoposte a valutazione ambientale strategica: nel caso in esame, dunque, poiché oggetto di autorizzazione è un progetto per l'ampliamento di un impianto di recupero, lo stesso non è da sottoporsi a VAS o a verifica di assoggettabilità a VAS ” (Cons. di Stato, sent. n. 4351/2022, punto 5.6. della motivazione).
In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che “ La valutazione ambientale di piani e programmi (VAS), e la valutazione di progetti (VIA), hanno entrambe la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile (art. 4 comma 3 codice ambiente). Più in particolare: a) la valutazione ambientale di piani e programmi ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente, contribuendo all'integrazione delle relative previsioni, con considerazioni specificamente ambientali, che siano tali da guidare l'amministrazione nell'effettuazione nelle scelte discrezionali, tipiche, per l'appunto, dei piani e dei programmi;b) la valutazione di singoli progetti avviene invece sulla base della progettazione preliminare ed ha l'obiettivo di verificare l'impatto sull'ambiente dell'opera progettata. In sintesi, la VAS concerne la pianificazione e la programmazione alle quali l'amministrazione è obbligata, ed è concomitante alla stessa così da favorire l'emersione e l'evidenziazione dell'interesse ambientale di modo che esso venga in via prioritaria considerato dall'amministrazione;la VIA concerne i singoli progetti ed è necessaria ai fini della verifica dell'entità dell'impatto ambientale dell'opera proposta, in guisa da stimolare soluzioni mitigative da valutare secondo il principio dello sviluppo sostenibile, sino all'opzione "zero", qualora l'impatto non sia evitabile neanche con l'adozione di cautele. Aspetti pianificatori ed aspetti progettuali si intersecano quando l'approvazione, in sede di conferenza localizzativa, di progetti di opere, comporti anche variante allo strumento urbanistico. In questi il problema della sovrapposizione di VAS e VIA è stato direttamente risolto dal legislatore il quale ha stabilito - affermando un principio invero già ricavabile dall'interpretazione sistematica - che "ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere" (art. 6 comma 12, introdotto dal D.Lgs. 29-6-2010 n. 128) ” (Cons. di Stato, sent. n. 975/2015).
Nel caso di specie, trattandosi di un provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) per una singola opera che comporta una variante allo strumento urbanistico, in base ai suesposti principi normativi e giurisprudenziali non è richiesta la VAS o la verifica di assoggettabilità a VAS.
Con il quarto motivo (punto V del ricorso) il Comune ricorrente censura il provvedimento impugnato per eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità manifesta.
In particolare, parte ricorrente contesta le modalità di svolgimento da parte di ARPA delle misurazioni delle emissioni sonore attese dall’impianto in progetto in quanto svolte “a porte e finestre chiuse” quando invece, verosimilmente, l’attività del predetto impianto verrà effettuata dal mese di aprile al mese di ottobre “a porte e finestre aperte”.
La censura è infondata.
Il provvedimento di VIA allegato al PAUR ha espressamente prescritto che “ l’attività produttiva dovrà essere svolta a porte e finestre chiuse ad eccezione delle aperture previste per l’entrata e l’uscita dei mezzi (da definirsi mediante una specifica procedura che dettagli le tempistiche) ed il materiale dovrà essere caricato e scaricato all’interno del capannone a porte chiuse ” (punto 6 “Considerazioni conclusive”).
Pertanto, in coerenza con le modalità di misurazione delle emissioni sonore adottate dall’ARPA, è stata prevista, quale specifica condizione ambientale cui è subordinato il provvedimento autorizzatorio impugnato, lo svolgimento dell’attività produttiva “a porte e finestre chiuse”.
Parimenti infondata deve ritenersi la censura secondo la quale tale prescrizione non verrà in concreto rispettata e non saranno effettuati i relativi controlli. Si tratta infatti di valutazioni ipotetiche che attengono, più che alla legittimità del provvedimento impugnato, al suo adempimento in fase esecutiva, in relazione al quale il ricorrente potrà avvalersi degli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento sollecitando eventualmente anche l’esercizio dei poteri di monitoraggio e sanzionatori di cui agli artt. 28 e 29 d.lgs. n. 152/2006.
Con il quinto motivo (punto VI del ricorso) il ricorrente censura il provvedimento impugnato per eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà in quanto assumerebbe come favorevolmente conclusa l’istruttoria tecnica quando invece il parere reso dall’Arpa non sarebbe favorevole alla realizzazione dell’impianto né sotto il profilo dell’impatto acustico né sotto il profilo della qualità dell’aria.
Il motivo è infondato.
Da quanto emerge dall’allegato provvedimento di VIA risulta che le valutazioni rese dall’ARPA siano state prese in considerazione dall’Amministrazione resistente, la quale ha imposto una serie di condizioni e prescrizioni sullo svolgimento dell’attività e sul suo monitoraggio (cfr. in particolare punto 4.1. “Qualità dell’aria”, 4.2. “Rumore”, 4.8 “Salute pubblica” e 6 “Considerazioni conclusive” del provvedimento di VIA allegato al PAUR).
A fronte di tali specifiche indicazioni, imposte sulla base dei pareri espressi dalle autorità ambientali e sanitarie competenti, parte ricorrente si è limitata a richiamare i dati riportati nel contributo di ARPA senza fornire elementi volti a far emergere profili di illogicità o irragionevolezza delle conseguenti misure adottate dall’Amministrazione resistente, in relazione alle quali non è stata specificamente contestata l’idoneità né è stata fornita una diversa valutazione tecnica.
Al riguardo, occorre peraltro rilevare che il sindacato del giudice amministrativo in ordine a tali censure è limitato in quanto “…nelle materie tecnico scientifiche, trova applicazione il principio per cui le valutazioni delle Autorità preposte sono ampiamente discrezionali, e quindi possono essere sindacate in sede di giurisdizione di legittimità nei soli casi di risultati abnormi o evidentemente illogici e contraddittori (per tutte, con riferimento alla più ampia materia delle valutazioni ambientali, Cons. Stato, sez. II, 7 settembre 2020 n.5379;sez. IV, 9 gennaio 2014 n. 36)” (Cons. di Stato sent n. 6013/2022) .
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite, in applicazione del principio di soccombenza, devono essere poste a carico del Comune ricorrente, come liquidate in dispositivo a favore della Provincia di Brescia e della controinteressata Ghidini Metalli s.r.l. Deve essere invece disposta la compensazione delle spese nei confronti del Ministero dell’Interno - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Brescia, il quale – essendo sostanzialmente estraneo alle censure svolte nel ricorso, non attinenti al parere sui profili di sicurezza antincendio reso nel corso del procedimento – non ha effettuato difese nel merito.