Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-06-05, n. 202305464
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Pubblicato il 05/06/2023
N. 05464/2023REG.PROV.COLL.
N. 02522/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2522 del 2018, proposto dalle società Agricola Rocchetta società agricola s.r.l. e Boscorosso società agricola s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'avvocato G O M, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L S in Roma, via Filippo Civinini, n. 12;
contro
il Comune di San Severino Marche, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
nei confronti
dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Sez. San Severino Marche, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, (Sezione Prima), n. 722 del 22 settembre 2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Severino Marche;
Viste le memorie depositate dalla società Agricola Rocchetta società agricola s.r.l. e dalla società Boscorosso società agricola s.r.l., in data 1 marzo 2023 e 13 marzo 2023;
Viste le memorie depositate dal Comune di San Severino Marche, in data 6 marzo 2023 e 16 marzo 2023;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 aprile 2023 il consigliere M C e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge all’esame del Consiglio di Stato l’appello proposto dalle Azienda agricola Boscorosso e Azienda agricola Rocchetta avverso la sentenza del T.a.r. per le Marche n. 722 del 22 settembre 2017.
2. La controversia ha ad oggetto la legittimità dei dinieghi nn. 49 e 50 del 28 luglio 2016, con i quali il Comune di San Severino Marche ha respinto l’istanza di approvazione di una variante urbanistica semplificata, finalizzata alla realizzazione di un ampliamento degli impianti produttivi delle due imprese, e dei dinieghi nn. 36 e 37 del 30 marzo 2017, con i quali tale diniego è stato ribadito a seguito delle ordinanze propulsive nn. 366 e 367 del 7 novembre 2016 del T.a.r. per le Marche.
3. Per la comprensione dei fatti causa, si riassumono le vicende procedimentali e processuali dalle quali è scaturito l’odierno processo.
3.1. In data 15 gennaio 2015, l’Azienda agricola Boscorosso, proprietaria di 81 ettari coltivati (e di altri 81 ettari concessi in affitto all’altra società parte del presente giudizio) e la società Agricola Rocchetta, affittuaria di un terreno agricolo di 81 ettari, ubicati nel territorio del Comune di San Severino Marche, hanno presentato l’istanza di autorizzazione edilizia per la realizzazione di alcuni interventi in ampliamento delle rispettive aziende agricole.
3.2. Precisamente, secondo quanto dedotto in atti, la società Agricola Boscorosso ha domandato l’autorizzazione per:
- l’ampliamento e la ristrutturazione di un fabbricato agricolo preesistente ubicato in località Ca’ De Santis della Frazione Ugliano, foglio catastale n. 88 particelle n. 162,163,164,155, 33 per la realizzazione di una ulteriore superficie di circa 1.134 mq. da destinare alla lavorazione e taglio del legname, ricovero attrezzi agricoli, piccola officina per riparazione mezzi agricoli e la ristrutturazione di un fabbricato in cui localizzare il centro aziendale in cui è già presente un caseificio per la lavorazione del latte prodotto dagli animali allevati e per la produzione di formaggi caprini;
- la realizzazione di un nuovo manufatto di mq. 4.500 in località Ugliano su area distinta in catasto al F. n.88, con le particelle nn. 6,33,24 e 155/porz, in struttura metallica di tipo leggero con tamponamenti in pannelli di tipo sandwich con colorazione consona alle caratteristiche dell’ambiente circostante destinato a fienile, ricovero attrezzi e stalla per il ricovero notturno degli animali oggetto di allevamento, che nelle ore diurne vengono condotti al pascolo sui terreni aziendali coltivati a foraggio, con la previsione di locali da utilizzare per la mungitura degli animali e per la conservazione del latte prima di esser consegnato al caseificio aziendale ed a quelli di riferimento e la previsione di ulteriori locali per i servizi igienici e spogliatoi degli addetti;
- l’ampliamento di un fabbricato preesistente in località Ca’ Caccialupo su area distinta in Catasto al F. n. 88 con le particelle nn. 57, 58, 59, 60 e 67 con la realizzazione di un ulteriore superficie di mq. 240 da utilizzare come piccola stalla per gli animali acquistati da altri allevatori e da tenere in quarantena prima della immissione nelle strutture di allevamento dell’azienda Boscorosso.
La società Agricola Rocchetta ha invece domandato l’autorizzazione per:
- la ristrutturazione di un edificio preesistente in località Cà Del Prete secondo le caratteristiche strutturali, architettoniche e tipologiche delle costruzioni rurali della zona, come richiesto dalla Soprintendenza regionale ai beni culturali e con la contestuale prevista realizzazione di una ulteriore superficie in ampliamento di mq. 300 da destinare a centro aziendale e da utilizzare anche come piccola stalla per l’accoglimento degli animali da tenere in quarantena prima della immissione nell’allevamento;
- la realizzazione di un nuovo manufatto di mq. 4.000 in località Ca’ Del Prete in struttura metallica di tipo leggero con tamponamenti in pannelli di tipo sandwich leggeri, con colorazione consona alle caratteristiche del terreno circostante, da destinare in parte a stalla per il ricovero notturno degli ovini ed in parte a fienile, servizi igienici per gli addetti ai lavori, locali da utilizzare per la mungitura degli animali e per la conservazione del latte prima di essere consegnato ai caseifici di riferimento.
3.3. Nella domanda di autorizzazione si è specificato che l’attività di allevamento sarebbe avvenuta mediante il pascolo libero degli animali nelle ore diurne e con il loro ricovero nelle stalle aziendali nelle ore notturne.
3.4. Sia il primo che il secondo progetto hanno ricevuto l’approvazione all’unanimità da parte del SUAP.
3.5. Dovendo procedersi alla variante urbanistica delle aree, i progetti sono stati portati all’approvazione del consiglio comunale, ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010, per poter ottenere il mutamento della destinazione di zona dei terreni interessati dalla localizzazione dei suddetti manufatti, classificati come zona “ESP” (zona agricola di salva guardia paesistica) ed in piccolissima parte come zona “EA” (zona agricola di salvaguardia paesistica ambientale), in zona “EN” (zona agricola normale).
3.6. Il mutamento richiesto avrebbe comportato il cambio di destinazione d’uso:
- per l’azienda “Agricola Rocchetta”, per un’area della superficie di 35.265 metri quadri, di cui mq. 2.065 riferibili all’intervento di ristrutturazione con ampliamento di mq. 360 di un edificio preesistente, distinti in catasto al F. 88 con porzione delle particelle n.3 e 6, e di mq. 33.200, riferibili alla nuova costruzione di mq. 4.500 da destinare a stalla distinti in catasto al f. n. 74 con porzioni delle particelle nn. 133,103, 131 e 132 ed al F. n. 88 con porzione della particella n. 6;
- per l’azienda Boscorosso, per una superficie complessiva di mq. 45.740 da “ESP” (zona agricola di salvaguardia paesistica) a zona “EN” (zona agricola normale).
3.7. Con le delibere nn. 49 e 50 del 28 luglio 2016, il Consiglio comunale del Comune di San Severino Marche ha però respinto le istanze di variante semplificata.
4. Le due società proponenti hanno proposto ricorso avverso i dinieghi, innanzi al T.a.r. per le Marche.
4.1. Si è costituito il Comune, resistendo al ricorso.
4.2. Con le ordinanze nn. 366 e 367 del 7 novembre 2016, il T.a.r. ha chiesto al Comune di “ rivalutare la vicenda, anche alla luce della disponibilità dei ricorrenti a realizzare l’opera per stralci funzionali al fine di valutare meglio l’impatto concreto sul territorio. Il riesame dovrà avvenire entro 90 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza ”.
4.3. In adempimento delle ordinanze cautelari, il Comune ha riesaminato i nuovi progetti presentati dalle società (che prevedevano una riduzione delle opere di ampliamento), pervenendo, tuttavia, all’emanazione di nuovi dinieghi alla variante urbanistica.
5. Con la sentenza n. 722/2017, il T.a.r. ha riunito il ricorso n.r.g. 607/2016 al ricorso n.r.g. 606/2016;ha esaminato, dapprima, i motivi aggiunti, respingendo le censure proposte;ha dichiarato improcedibili i ricorsi introduttivi dei giudizi;ha compensato le spese del giudizio.
5.1. Segnatamente, il T.a.r.:
a) ha respinto il primo motivo dei motivi aggiunti, in quanto la motivazione dei provvedimenti impugnati sarebbe congrua ed espressione di scelte urbanistiche latamente discrezionali, connotate peraltro, nel caso di specie, anche dall’attenzione alle esigenze delle imprese, alle quali è stata riconosciuta comunque la possibilità di procedere all’edificazione in misura superiore ai limiti previsti dall’attuale PRG (pagina 8);
b) ha respinto il secondo motivo dei motivi aggiunti, in quanto non sussisterebbe la dedotta disparità di trattamento con un’azienda alla quale sarebbe stata accolta l’istanza di variante urbanistica, avendo in quel caso l’intervento progettato un minore impatto urbanistico;
c) ha dichiarato la sopravvenuta carenza d’interesse dei ricorsi principali, in ragione della declaratoria di infondatezza dei motivi aggiunti.
6. Le società soccombenti hanno impugnato la sentenza di primo grado, articolando tre motivi di appello.
6.1. Si è costituito il Comune appellato, resistendo all’appello.
6.2. Le parti hanno illustrato le rispettive difese, depositando altri scritti difensivi.
7. All’udienza del 6 aprile 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Con il primo motivo di appello, le società articolano due censure.
8.1. Con la prima censura (estesa da pagina 21 a pagina 25), le appellanti gravano la sentenza per omesso esame di una delle censure dedotte con il primo motivo di ricorso di primo grado. In particolare, si evidenzia che nella motivazione della deliberazione del Consiglio comunale che ha respinto il secondo progetto presentato, il Comune afferma che interventi produttivi di cui si controverte “ troverebbero semmai migliore collocazione in aree ad elevata concentrazione di impianti a vocazione produttiva, tanto agricola quanto industriale di analoghe rilevanti dimensioni così assicurando razionalità alla distribuzione delle aree e delle loro destinazioni nel territorio comunale ”. Senonché tale affermazione sarebbe errata in fatto e in diritto, in quanto non vi sarebbero altri insediamenti a carattere produttivo dove allocare le opere;quest’ultime, per le loro caratteristiche, richiederebbero la presenza di terreni agricoli, adatti al pascolo del bestiame che si intende allevare;in punto di diritto, si stigmatizza la violazione dei divieti recati dall’art 216 del T.U. delle leggi sanitarie di cui al Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
8.2. La prima censura è inammissibile per difetto d’interesse.
8.2.1. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa “ Nell’ambito di un giudizio amministrativo, in presenza di un atto plurimotivato è sufficiente il riscontro della legittimità di una delle autonome ragioni giustificatrici della decisione amministrativa, per condurre al rigetto dell'intero ricorso in considerazione del fatto che anche in caso di fondatezza degli ulteriori motivi di doglianza riferiti alle distinte rationes decidendi poste a fondamento del provvedimento amministrativo, questo non potrebbe comunque essere annullato in quanto sorretto da un'autonoma ragione giustificatrice confermata. ”. ( ex multis , Cons. Stato Sez. VI, 18 febbraio 2021, n. 1468 Sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2366 Sez. V, 12 marzo 2020, n. 1762 Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1101)
8.2.2. Il principio espresso dalla giurisprudenza richiamata trova piena applicazione al caso di specie.
8.2.3. Si evidenzia infatti che i dinieghi opposti alle istanze presentate dalle due società sono provvedimenti plurimotivati e, dunque, l’eventuale accoglimento della suesposta censura non comporterebbe alcun vantaggio alle odierne appellanti.
8.2.4. Inoltre, il profilo stigmatizzato non costituisce neppure il nucleo fondamentale del diniego alla proposta di variante, costituito, invece, dalla scelta del comune di volere salvaguardare quella parte del suo territorio che la “nuova” pianificazione ha destinato a “ zona agricola di interesse paesistico –ESP ”.
8.3. Con un’ulteriore doglianza (estesa da pagina 25 a pagina 28), l’appellante censura la sentenza di primo grado per carenza di istruttoria (con conseguente superficiale valutazione dei fatti) e per aver omesso di pronunciarsi in maniera adeguatamente specifica sul vizio di difetto di motivazione articolato in primo grado. Si evidenzia che, nel giudizio innanzi al T.a.r., la società ha messo in risalto come, in presenza di una variante parziale al piano urbanistico domandata a seguito del procedimento favorevole svoltosi innanzi al SUAP, la motivazione di un eventuale diniego avrebbe dovuto essere maggiormente stringente, ed inoltre i parere favorevoli espressi nel corso del procedimento dalle amministrazioni preposte alla cura degli interessi ambientali e paesaggistici avrebbero, a loro volta, ulteriormente imposto una motivazione rafforzata.
8.3.1. La seconda censura è infondata.
8.3.2. Questo Consiglio ha avuto modo di affermare, in molteplici precedenti, che:
a) le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito (fra le più recenti, cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560;sez. IV, 17 ottobre 2019, n. 7051;sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5960;sez. II, 7 agosto 2019, n. 5611;sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4345;sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3986);
b) per la consolidata e pacifica giurisprudenza costituzionale, della Corte E.D.U. (Corte E.D.U., 29 aprile 1999, Cu e altri c. Francia [GC], nn. 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75;Corte E.D.U., 30 giugno 2005, Jahn e altri c. Germania [GC], nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, § 93) e di questo Consiglio, la compressione di alcune facoltà del diritto di proprietà non comporta il configurarsi di una forma anomala di espropriazione e, in particolare, di un’espropriazione di valore, con conseguente necessità che si corrisponda un indennizzo a chi avrebbe sofferto tale privazione, in quanto, affinché si possa prospettare tale forma anomala di espropriazione, è necessario che il sacrificio imposto al diritto di proprietà (o, in ipotesi, ad altro diritto reale) sia tale da comportare un “ sostanziale annientamento ” (così, Corte Cost., n. 6 e n. 38 del 1966) delle facoltà tipiche del diritto o da inciderle eccessivamente oltre il limite della tollerabilità (Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021);
c) le scelte di pianificazione non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli, essendo sfornita di tutela la generica aspettativa alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente p.r.g. (Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023 n. 21;sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456;sez. IV, 24 giugno 2019, n. 4297;sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094;sez. IV, 24 marzo 2017, n. 1326;sez. IV, 11 novembre 2016, n. 4666);
d) con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: i) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona;ii) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate;iii) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare;iv) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21);
e) le scelte di pianificazione non richiedono, inoltre, una motivazione puntuale, che ponga in comparazione gli interessi pubblici perseguiti dall’ente pianificatore con quelli confliggenti dei privati (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;Sez. IV, 3 febbraio 2020, n. 844);
f) le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all’amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 2020, n. 751);
g) le predette scelte sono censurabili oltre che per violazione di legge, solo per illogicità o irragionevolezza ovvero insufficienza della motivazione (Cons. Stato, sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;sez. II, 4 settembre 2019, n. 6086;sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6484;sez. IV, 9 maggio 2018 n. 2780;sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037;sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323;sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589;sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871).
8.3.3. I suesposti principi sono pienamente applicabili anche con riferimento al procedimento normato dall’art. 8, comma 1, d.P.R. n. 160 del 2010 (e non come indicato dall’appellante dall’art. 7, comma 6, del medesimo disposto normativo), il quale prevede che: “ Nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, fatta salva l'applicazione della relativa disciplina regionale, l'interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e alle altre normative di settore, in seduta pubblica. Qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, ove sussista l'assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale è trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale, ove esistente, che lo sottopone alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile. Gli interventi relativi al progetto, approvato secondo le modalità previste dal presente comma, sono avviati e conclusi dal richiedente secondo le modalità previste all'articolo 15 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 .”.
8.3.4. Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio la norma “ prevede una procedura semplificata per la variazione degli strumenti urbanistici preordinata all'autorizzazione di insediamenti produttivi allorché il progetto sia conforme alle norme in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza sul lavoro e lo strumento urbanistico non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti rispetto al progetto presentato ” (Cons. Stato, sez. IV, 1 marzo 2017, n. 940).
Si tratta di un procedimento di “ carattere eccezionale e derogatorio ” che “ non può essere surrettiziamente trasformata in una modalità "ordinaria" di variazione dello strumento urbanistico generale: pertanto, perché a tale procedura possa legittimamente farsi luogo, occorre che siano preventivamente accertati in modo oggettivo e rigoroso i presupposti di fatto richiesti dalla norma, e quindi anche l'assenza nello strumento urbanistico di aree destinate ad insediamenti produttivi ovvero l'insufficienza di queste, laddove per "insufficienza" deve intendersi, in costanza degli standard previsti, una superficie non congrua in ordine all'insediamento da realizzare ” (Cons. Stato, sez. IV, 8 gennaio 2016 n.27;cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 15 luglio 2011, n. 4308;id., 25 giugno 2007, n. 3593;id., 3 marzo 2006, n. 1038).
8.3.5. La norma, come emerge chiaramente dal suo tenore letterale e dalla giurisprudenza richiamata, delinea, dunque, un procedimento speciale, finalizzato a semplificare le procedure per addivenire ad una variante della pianificazione comunale, qualora l’ente ritenga di voler assentire alla realizzazione di un determinato progetto imprenditoriale che richiede la modificazione di una destinazione urbanistica.
8.3.6. Il procedimento in questione “semplifica” l’ iter ordinariamente previsto affinché si possa disporre la variante, in ragione della particolare meritevolezza dell’iniziativa, ma non individua, in capo al privato che ha acquisito gli assensi da parte delle amministrazioni o dei servizi partecipanti alla conferenza, un interesse pretensivo “rafforzato” da far valere in sede pianificatoria, né compulsa o restringe la discrezionalità del Comune nel decidere con quali modalità procedere alla pianificazione urbanistica del suo territorio.
8.3.7. Come già affermato dalla Sezione, con principi condivisi dal Collegio e pertinenti al caso in esame: “ La proposta di variazione dello strumento urbanistico assunta dalla conferenza di servizi, da considerare alla stregua di un atto di impulso del procedimento volto alla variazione urbanistica, non è vincolante per il Consiglio comunale, che conserva le proprie attribuzioni e valuta autonomamente se aderirvi ” (testualmente, Cons. Stato, Sez. IV, 28 agosto 2020, n. 5273 e 1 marzo 2017, n. 940).
8.4. Neppure può assumere rilievo la circostanza che nella conferenza di servizi le amministrazioni preposte alla cura degli interessi paesaggistici e ambientali abbiano espresso pareri favorevoli.
8.4.1. In molteplici occasioni la Corte Costituzionale ha infatti sottolineato l’inesauribilità del potere di pianificazione territoriale da parte del Comune, rimarcando come “ La funzione di pianificazione urbanistica […] nel nostro ordinamento è stata tradizionalmente rimessa all'autonomia dei Comuni fin dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359 (Sulle espropriazioni per causa di utilità pubblica) ” e ciò in quanto “ la funzione di pianificazione comunale rientra in quel nucleo di funzioni amministrative intimamente connesso al riconoscimento del principio dell'autonomia comunale …” (Corte cost., 16 luglio 2019 n. 179 e ivi ulteriore giurisprudenza).
8.4.2. L’ampiezza dei poteri pianificatori non è dunque limitata o condizionata, sul piano dell’istruttoria da compiere o della motivazione da esternare, neppure dalla circostanza che le autorità preposte alla cura degli interessi paesaggistici e ambientali hanno espresso pareri favorevoli nell’ambito della conferenza di servizi che ha preceduto la discussione della variante innanzi al Consiglio comunale.
8.4.3. Va ribadito che la funzione pianificatoria, dalla quale dipende la scelta circa la destinazione urbanistica di un’area, è storicamente e tipicamente assegnata all’ente locale e, in particolare, al Consiglio comunale, quale organo che esprime la rappresentanza e, dunque, la volontà della comunità insediata sul territorio dell’ente.
8.5. Nella vicenda in esame, infine, il Comune ha comunque offerto una motivazione ampia e congrua della scelta effettuata, che, per quanto possa risultare opinabile per le società appellanti, costituisce comunque lo sviluppo logico, coerente, non manifestamente irragionevole, scevro da vizi di istruttoria e proporzionato, della valutazione di opportunità di destinare i fondi, sui quali si sarebbero volute realizzare le opere destinate all’espansione industriale, ad area “ESP”, con maggiori restrizioni in punto di edificabilità, piuttosto che ad area “EN”, che avrebbe consentito, invece, la realizzazione delle opere utili alle imprese appellanti. Conseguentemente resiste alle critiche mosse con l’atto di appello anche la sentenza di primo grado.
9. Con il secondo motivo di appello, si impugna la sentenza di primo grado sotto altro profilo, deducendosi la violazione degli articoli 64 e 65 c.p.a., nonché del principio dispositivo con metodo acquisitivo che informerebbe il processo amministrativo.
Secondo le società appellanti, il T.a.r. avrebbe dovuto ammettere e disporre la consulenza richiesta dalle ricorrenti.
La mancata ammissione del mezzo istruttorio vizierebbe la sentenza, che avrebbe respinto i ricorsi sulla base di un quadro fattuale incompleto.
Si domanda pertanto che il Consiglio di Stato disponga gli accennati approfondimenti istruttori omessi dal giudice di prime cure.
9.1. Anche tale motivo è infondato.
9.2. Va ribadito l’orientamento secondo cui rientra nella discrezionalità del giudice valutare se le prove di cui si domanda l’ammissione siano funzionali o meno, necessarie o meno, opportune o meno, ai fini della decisione delle questioni controverse (Cons. Stato Sez. V, 19 maggio 2022, n. 3975;Sez. IV, 25 gennaio 2023 n. 856).
L’ammissione dei mezzi istruttori costituisce, infatti, un potere ampiamente discrezionale del giudice amministrativo il cui mancato esercizio non inficia la decisione emessa. Ed infatti, l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio non è doveroso, ma rimesso al prudente apprezzamento del giudice che deve valutare, caso per caso, se le parti abbiano o meno la disponibilità delle prove. Nel processo amministrativo, pur se il principio dell’onere della prova prescritto dall’art. 2697 c.c. si applica in maniera attenuata, essendo consentito al giudice di disporre verificazioni ed acquisizione di atti, il ricorrente, nell’allegare i fatti, deve in ogni caso fornire elementi di seria consistenza al fine di indurre il giudice a porre in essere simili poteri istruttori (Cons. Stato Sez. V, 19 maggio 2022, n. 3975;sez. V, 23 aprile 1991, n. 637).
9.3. Nel caso di specie, del tutto correttamente, il T.a.r. ha ritenuto che fossero ininfluenti, ai fini della decisione, le prove di cui si è domandata l’ammissione, e ha perciò ritenuto di non accogliere le istanze istruttorie.
10. Con il terzo motivo di appello, le appellanti si dolgono del capo della sentenza che ha respinto la censura di disparità di trattamento articolata con riferimento alla variante parziale approvata in favore della Azienda agricola “Rossetti Michele”, la quale ha potuto pertanto realizzare un allevamento intensivo di circa 3.800 polli in cattività e con metodi industriali, senza alcun collegamento di filiera con il territorio circostante.
Secondo l’appellante, le motivazioni del T.a.r. sarebbero errate, in quanto, anche a causa della mancata istruttoria, non avrebbero tenuto conto della natura delle opere realizzate dal terzo, per la realizzazione delle quali sarebbe stato necessario eseguire consistenti operazioni di “movimento-terra” con “ sbancamenti dell’ordine di otto/dieci metri di altezza ”.
Si stigmatizza che le motivazioni della sentenza sarebbero “ basate su valutazioni non supportate da riscontri obiettivi delle caratteristiche dei luoghi, ma desunti presuntivamente ed apoditticamente dai soli giudizi espressi dal Consiglio comunale che illegittimamente non sono stati fatti oggetto di ulteriore approfondimento istruttorio in sede processuale ”.
10.1. Il terzo motivo di appello è infondato.
10.2. Il T.a.r. ha correttamente applicato i consolidati principi della giurisprudenza amministrativa, in base ai quali “ …la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento, a fronte di scelte discrezionali dell'Amministrazione, è riscontrabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall'interessato, con la precisazione che la legittimità dell'operato della Pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 02 marzo 2020, n. 1499;sez. III, 4 dicembre 2018, n. 6873;id., sez. IV, 27 luglio 2018, n. 4611;id., sez. VI, 30 ottobre 2017, n. 5016;id., sez. VI, 30 giugno 2011, n. 3894) ” (Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021 n. 2418).
10.3. Quanto poc’anzi affermato non muta in ragione della deduzione, con la quale si stigmatizza la mancata corretta percezione, da parte del T.a.r., dell’intervento assunto quale tertium comparationis , “ dal momento che per la sua costruzione, come segnalato dalle parti ricorrenti, è stato necessario eseguire consistenti movimento di terreno con sbancamenti dell’ordine di 8/10 metri di altezza ”.
10.4. La circostanza che il Comune – seguendo, per mera speculazione e ai soli fini argomentativi, il ragionamento di parte - possa aver favorito un’altra ditta o possa aver adoperato un metro di giudizio o di decisione più benevolo in un’altra occasione non inficia la legittimità dei provvedimenti impugnati nel presente giudizio, rendendo, se del caso, illegittimo il provvedimento o la decisione urbanistica fatta assurgere a paradigma di raffronto.
10.5. Il Comune ha comunque puntualizzato, nelle sue difese, che “ la realizzazione di un allevamento 5 volte più piccolo di quello delle appellanti – oppure, ove ridotto, anche 3 volte più piccolo - non può certamente essergli paragonato, in termini di impatto sul territorio, né di tutela del paesaggio agrario, anche considerando che sommando anche l’insediamento proposto con le varianti ” e che la relativa variante avrebbe interessato un’area ben più ridotta di quella delle appellanti, fornendo, così, una congrua motivazione della diversa decisione.
11. In conclusione, dunque, l’appello va respinto.
12. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza nei confronti del Comune di San Severino Marche sono liquidate in dispositivo.