Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-07, n. 202210731

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-07, n. 202210731
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210731
Data del deposito : 7 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/12/2022

N. 10731/2022REG.PROV.COLL.

N. 00418/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 418 del 2016, proposto dai signori D D I, S D I, C D I, M R D I, F D I e A D I, rappresentati e difesi dall’avvocato Luigi Maria D’Angiolella, con domicilio eletto presso lo studio Sergio Como in Roma, via Antonelli, n. 49;

contro

il Comune di Teverola, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato V S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F M in Roma, via G.G. Belli, n. 39;

nei confronti

della Provincia di Caserta, in persona del Presidente pro tempore , non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, (Sezione Sesta), n. 5006 del 23 ottobre 2015, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Teverola;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dai signori D D I, S D I, C D I, M R D I, F D I e A D I avverso la sentenza del T.a.r. per la Campania del 23 ottobre 2015 n. 5006.

2. Gli odierni appellanti sono proprietari di alcune aree ubicate nel territorio del Comune di Teverola e riportati nel catasto terreni al foglio 5, particelle 14, 102, 103, 104, 413, 463, 544, 549 e al foglio 3 particella 43.

2.1. I proprietari rappresentano che il Comune di Taverola, nel 2010, ha avviato l’iter per l’approvazione del piano urbanistico comunale (PUC).

2.2. Con la determina di giunta comunale n. 77 del 30 luglio 2012 è stata adottata la proposta di PUC, unitamente al rapporto ambientale e ad altri atti del procedimento di pianificazione.

2.3. Il Comune ha poi avviato le procedure di consultazione, accogliendo alcune delle osservazioni presentate e, in particolare, la modifica di un’area originariamente destinata a zona “ D1 zona P.I.P. esistente ” e divenuta zona “ E verde agricolo ”, nonché quella riguardante l’ampliamento del cimitero esistente.

2.4. Ne è seguita la trasmissione della proposta alla Provincia per la valutazione della conformità al piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP).

2.5. La Provincia ha dichiarato la coerenza del PUC alla pianificazione provinciale, pur formulando alcune osservazioni.

2.6. Con la deliberazione del consiglio comunale n. 36 del 18 novembre 2013, il piano è stato dunque approvato senza che ne fosse disposta la ripubblicazione a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate in fase di consultazione e di alcune delle osservazioni formulate dalla provincia.

3. I signori D D I, S D I, C D I, M R D I, F D I e A D I hanno impugnato la deliberazione del consiglio comunale n. 36 del 18 novembre 2013 e tutti gli atti del procedimento.

3.1. Con il primo motivo di ricorso, ne hanno dedotto l’illegittimità perché la deliberazione è stata approvata in una seduta alla quale ha preso parte anche un consigliere comunale in conflitto di interessi, in quanto fratello dell’amministratore unico e di un socio di una società a responsabilità limitata proprietaria di un fondo nel territorio comunale.

3.2. Con il secondo motivo, si è dedotta l’illegittimità della delibera in quanto il Comune non ha proceduto alla sua ripubblicazione, malgrado le modifiche sostanziali intercorse fra la prima pubblicazione e l’approvazione, incidenti anche sulla proprietà dei ricorrenti (in particolare, l’ampliamento dell’area cimiteriale ricadente sulla particella n. 43).

3.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti si dolgono sia di non aver potuto formulare osservazioni sulla modificazione della destinazione d’uso della particella n. 43, a causa della mancata ri-pubblicazione della proposta di piano, sia, comunque, della manifesta irragionevolezza di destinare tale particella a nuova area cimiteriale, giacché quest’ultima, peraltro “ attraversata da una strada a scorrimento veloce, … avrebbe richiesto una serie di interventi (condutture idriche, elettriche, etc.) per poter essere adibita a cimitero ”.

3.4. Con il quarto motivo, si è impugnato il provvedimento, lamentandosi, sostanzialmente, la reformatio in peius della precedente destinazione e la sostanziale sottoposizione dei fondi, di cui al foglio 5, particelle nn. 102, 103 e 463, ad un vincolo espropriativo derivante dalla loro destinazione a zona “ F attrezzature pubbliche e a uso pubblico – V.P. verde pubblico attrezzato ”, senza adeguata motivazione e senza la previsione di una copertura finanziaria.

3.5. Con il quinto motivo, si è evidenziata l’illegittimità dell’atto a causa del mancato adeguamento del piano a tutte le osservazioni formulate dalla provincia.

4. Con la sentenza n. 5006/2016, il T.a.r. ha respinto il ricorso e compensato le spese del giudizio.

4.1. Segnatamente, il T.a.r. ha respinto il primo motivo di ricorso, affermando che l’obbligo di astensione non sussiste allorché il piano votato dal consigliere in potenziale conflitto di interesse non arrechi nessun vantaggio al potenziale beneficiario e, nel caso di specie, non è stato allegato dai ricorrenti quale vantaggio avrebbero tratto i fratelli del consigliere comunale o la loro società.

Inoltre, si puntualizza che l’eventuale accoglimento del motivo non determinerebbe l’integrale caducazione del piano, ma soltanto della decisione relativa al fondo relativamente al quale sussisteva il conflitto d’interesse e il vizio può essere fatto valere soltanto da chi dimostri di essere titolare di uno specifico e qualificato interesse correlato al detto suolo, il che non è avvenuto ad opera dei ricorrenti.

4.2. Il T.a.r. ha poi respinto il secondo motivo, evidenziando che:

- non sussisteva un obbligo di ripubblicazione del piano, in quanto la modifica concernente il cimitero si è limitata a recepire quanto previsto dall’art. 338 r.d. n. 1265/1934 sulle fasce di rispetto cimiteriale;

- per quanto concerne la zona da destinare a P.I.P., la modificata destinazione urbanistica, in realtà, lascia inalterata quella che era la pregressa destinazione già prevista dal programma di fabbricazione.

4.3. Relativamente al terzo motivo, il T.a.r. ha respinto le censure, ribadendo che la modifica al piano “ si è limitata a trasporre negli elaborati di piano il vincolo di 200 metri dall’area cimiteriale posto dalla legge ”.

4.4. Relativamente al quarto motivo, il T.a.r. ha invece rilevato che la destinazione impressa ai suoli dei ricorrenti non è sostanzialmente diversa da quella precedente (“zona per servizi collettivi – servizi scolastici”) e che non si tratta di un vincolo espropriativo o sostanzialmente espropriativo, non essendo state svuotate le facoltà del diritto di proprietà ed essendo previsto anche un indice di fabbricabilità. Anche questo motivo di ricorso è stato pertanto respinto.

4.5. Relativamente al quinto motivo, il T.a.r. ha rigettato il motivo, perché i ricorrenti non hanno chiarito l’interesse a censurare il mancato accoglimento di tutte le osservazioni della Provincia e, comunque, “ le osservazioni… non accolte hanno riguardato singoli aspetti dello strumento urbanistico…che non ne hanno modificato o alterato il complessivo impianto, mentre solo la complessiva rielaborazione del Piano avrebbe richiesto una nuova pubblicazione dello stesso ”.

5. La sentenza di primo grado è stata impugnata dai ricorrenti di primo grado, che hanno proposto cinque motivi di appello.

5.1. Con la memoria del 31 maggio 2022, il Comune ha preso posizione sull’appello, rifacendosi, sostanzialmente, alle difese di primo grado ed a stralci della motivazione della sentenza.

5.2. Con la memoria del 9 giugno 2022, parte appellante ha replicato alla memoria difensiva del Comune.

5.3. L’udienza del 30 giugno 2022, fissata per la discussione e la decisione dell’appello è stata rinviata con il decreto n. 52 del 22 giugno 2022 del Presidente della Quarta Sezione, per causa di forza maggiore.

6. All’udienza del 24 novembre 2022, fissata successivamente, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Con il primo motivo, gli appellanti si dolgono del capo della pronuncia che ha respinto il primo motivo, evidenziando che la prova richiesta dal T.a.r. costituirebbe una violazione dell’art. 78 del d.lgs. n. 267/2000 che prescrive l’astensione in ogni caso;
che dagli atti depositati in questo processo emerge che vi è stato un miglioramento per il fondo degli interessati (passato da “zona B” a “zona C”);
che vi sarebbe un interesse strumentale alla riedizione dell’attività di pianificazione;
che, in realtà, la pianificazione migliorativa approvata in conflitto d’interessi incide sulla posizione dei ricorrenti in quanto il fondo della società collegata ai fratelli del consigliere comunale è limitrofo alle aree degli interessati (particelle nn. 102, 103, 463), che avrebbe ricevuto una destinazione deteriore in palese disparità di trattamento.

7.1. Il primo motivo di appello è infondato.

7.2. In linea generale, va ribadito che l’eventuale posizione di conflitto di interessi nella quale si trovi taluno degli amministratori locali, che avrebbe dovuto astenersi dal partecipare al voto sullo strumento urbanistico generale, in quanto proprietario o parente di uno dei proprietari dei suoli direttamente coinvolti dalle scelte urbanistiche con esso effettuate, non determina l’integrale caducazione del piano, ma vizia unicamente le parti concernenti i suoli interessati dall’obbligo di astensione violato, con la conseguenza che il vizio può essere fatto valere soltanto da chi dimostri di essere titolare di uno specifico e qualificato interesse ancorato a situazioni di collegamento con detti suoli (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133);
di contro, un privato che si assuma danneggiato da una previsione urbanistica estranea al conflitto di interessi degli amministratori locali non può avvalersi di tale situazione di illegittimità per ottenere la caducazione dell'intero strumento urbanistico, non potendo annettersi rilievo giuridico ad un generico interesse “strumentale” alla riedizione dell’attività di pianificazione del territorio comunale, connesso alla semplice qualità di proprietario di un suolo comunque ricadente nel territorio medesimo, ancorché non inciso dagli atti censurati.

7.2.1. Infatti, in relazione alla legittimazione e all’interesse ad agire dei cittadini residenti, occorre ricordare che l’interesse ad una impugnazione immediata e diretta di uno strumento urbanistico generale va ancorato al dato della concreta ed effettiva lesività dello stesso, nel senso che gli atti censurati devono incidere direttamente sulla proprietà del soggetto ricorrente ovvero, pur senza riguardarla direttamente, devono determinare un significativo decremento del suo valore di mercato o della sua utilità, con la conseguenza che non può, al contrario, ammettersi un generico interesse “strumentale” alla riedizione dell’attività di pianificazione del territorio comunale, connesso alla semplice qualità di proprietario di un suolo comunque ricadente nel territorio medesimo, ancorché non inciso dagli atti censurati (cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3744;
sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4542;
12 gennaio 2011, n. 133;
28 gennaio 2011, n. 694).

7.2.2. Ebbene, nella specie, gli odierni appellanti non hanno fornito in primo grado alcuna prova, ai sensi e per gli effetti dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., circa l’interferenza degli interessi personali del consigliere comunale con la pianificazione dei suoli di loro proprietà.

7.2.3. Le deduzioni articolate in proposito nell’appello, oltre che essere inammissibili per violazione dell’art. 104 c.p.a., in quanto non dedotte in primo grado, risultano altresì infondate, in quanto gli appellanti si dolgono del fatto che il terreno per il quale sussisterebbe il conflitto di interesse avrebbe ricevuto una migliore destinazione urbanistica rispetto ai loro fondi e si dolgono, pertanto, che i loro fondi non abbiano conseguito un’identica destinazione. Una tale doglianza, tuttavia, risulta – a tutto voler concedere - infondata in quanto costituisce jus receptum la giurisprudenza di questo Consiglio che esclude situazioni di illegittimità (in particolare, per disparità di trattamento) nei casi in cui un soggetto non abbia beneficiato degli effetti favorevoli di una scelta illegittima dell’amministrazione di cui ha invece beneficiato un altro soggetto ( ex multis , Cons. Stato, Sez. IV, 02 marzo 2020, n. 1499;
sez. III, 4 dicembre 2018, n. 6873;
id., sez. IV, 27 luglio 2018, n. 4611).

8. Con il secondo motivo, i proprietari evidenziano l’erroneità della sentenza di primo grado rilevando la necessità di una nuova pubblicazione del piano anche in caso di mero recepimento della fascia di rispetto cimiteriale previsto dalla legge.

Si rafforza la censura rilevando, poi, che la fascia di rispetto sarebbe stata tracciata in maniera più ampia in una determinata direzione e rispetto ad alcuni fondi, mentre per altre aree sarebbe meno ampia senza che sia possibile comprenderne il motivo. Parimenti, sarebbe incomprensibile il motivo per il quale ad alcuni fondi posti in prossimità del cimitero sarebbe stata assegnata una destinazione più favorevole, in quanto implicanti maggiori facoltà per il proprietario, mentre i fondi di proprietà degli interessati posti ad una maggiore distanza avrebbero ricevuto una destinazione implicante minori facoltà (ossia, “zona per servizi collettivi” in luogo di “zona a verde pubblico”): questa scelta, secondo gli appellanti, “ avrebbe meritato la presentazione di una apposita osservazione ”.

Si censura poi l’affermazione della sentenza secondo cui la fascia di rispetto sarebbe immodificabile, evidenziandosi che, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 166/2002, sarebbe possibile per l’amministrazione prevedere la riduzione della fascia di rispetto. Si evidenzia, in proposito, che nel caso di specie ricorrerebbe una delle fattispecie in base alle quali sarebbe possibile la riduzione della fascia di rispetto, perché tra la proprietà degli interessati (particella n. 43) e il cimitero è ubicata una strada a scorrimento veloce e, perciò, ben avrebbe potuto e dovuto, secondo gli interessati, essere consentita quantomeno un’interlocuzione in merito.

Gli appellanti censurano, inoltre, il punto della motivazione relativo all’area, di un chilometro quadrato, destinata con la proposta a zona “ D1 zona P.I.P. di progetto ” e poi trasformata, a seguito delle osservazioni, in zona “ E verde agricolo ”, sostenendo che la verifica sulla sussistenza di differenze che implichino la ri-pubblicazione del piano vada effettuata con esclusivo riferimento al raffronto fra piano adottato e piano da approvare, senza tenere conto della precedente strumentazione urbanistica.

Si deduce, infine, l’omessa pronuncia del T.a.r. sulle altre modifiche (consistenti nella fissazione della distanza dai confini degli edifici pari al 50% dell’altezza dell’edificio in questione;
nella destinazione a “verde pubblico” delle aree che nel progetto di PUC presentavano la campitura di “zona omogenea G” con destinazione a “servizi ed impianti di uso collettivo” e l’indicazione “IC” ad eccezione delle aree già edificate) intercorse fra l’adozione del Piano e la sua approvazione.

8.1. Il secondo motivo di appello è infondato.

8.2. In punto di diritto, il Collegio evidenzia che, per consolidata giurisprudenza, occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie”, in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi;
modifiche “facoltative”, in quanto consistenti in innovazioni non sostanziali;
e modifiche “concordate”, in quanto conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune. Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale (o di altra autorità preposta) rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato nella fattispecie in esame (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027;
Sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944).

8.2.1. Del resto costituisce altresì un principio consolidato che, in materia urbanistica, l’eventualità che le previsioni del piano urbanistico comunale subiscano, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano adottato, è un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute;
pertanto, soltanto laddove si dimostri che le modifiche introdotte incidono sulle caratteristiche essenziali dello strumento stesso e sui suoi criteri di impostazione, si rende necessario riprendere da capo il relativo procedimento di formazione;
l’eventuale necessità di “ripubblicazione” sorge solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l'impostazione di Piano stesso.

8.2.2. Questo principio è stato variamente declinato in giurisprudenza, giungendosi ad affermare con espressioni diverse, ma sostanzialmente equivalenti nella sostanza, che la ripubblicazione del piano è necessaria per la legittimità del procedimento solo quando, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una “ rielaborazione complessiva ” del piano stesso, e cioè un “ mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione ” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944;
Sez. IV, 21 settembre 2011, n. 5343, id., 26 aprile 2006 n. 2297, id., 31 gennaio 2005, n. 259;
id., 10 agosto 2004, n. 5492), mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche non comportino uno stravolgimento dello strumento adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori, ma consistano in variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree (Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027;
Sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 5769).

8.3. Applicando i suesposti principi al caso di specie, il Collegio evidenzia che non risulta allegata e dimostrata una modifica di carattere sostanziale, tale da innovare profondamente alle linee fondamentali della variante generale del Comune, da comportarne “ una rielaborazione complessiva ” o un “ mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione ”.

8.3.1. Con particolare riferimento al vincolo cimiteriale, pur prevedendo l’art. 338 del r.d. del 24 luglio 1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge n. 166 del 1 agosto 2002, la possibilità del comune di perimetrare, a determinate condizioni, diversamente la fascia di rispetto cimiteriale, va evidenziato che ciò costituisce espressione di una scelta ampiamente discrezionale del Comune, che evidentemente nel caso di specie non è stata compiuta, quantomeno con riferimento alle proprietà degli interessati, né, peraltro, dalla astratta possibilità di una diversa demarcazione della fascia di rispetto in questione deriverebbe l’obbligo di ri-pubblicazione dell’intero piano.

8.3.1.1. Le censure sviluppate al riguardo, sull’opportunità di applicare questa diversa perimetrazione, travalicano il merito delle scelte discrezionali dell’Amministrazione comunale;
pertanto, vanno richiamati i noti e consolidati orientamenti in ordine all’impossibilità di un sindacato giurisdizionale nel merito delle scelte urbanistiche, salvi i soli casi di macroscopica erroneità o irragionevolezza, che nella specie non ricorrono (Cons. Stato, Sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
Sez. II, 4 settembre 2019, n. 6086;
Sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6484;
Sez. IV, 9 maggio 2018 n. 2780;
sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037;
sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323;
sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589;
sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871).

8.3.2. Con riferimento alle altre modifiche, non risulta dedotta la ragione per la quale le aree di proprietà degli appellanti verrebbero ad essere incise o pregiudicate da queste ulteriori modifiche, sicché non risulta dedotto l’interesse (direttamente riferibile alla parte che agisce in giudizio) ad una ripubblicazione della variante di piano in relazione a tali modifiche.

9. Con il terzo motivo, gli appellanti ripropongono in buona sostanza la censura già articolata in primo grado.

9.1. Il terzo motivo di appello è inammissibile.

9.2. L’art. 101 c.p.a. prescrive che l’appello contenga le “specifiche censure” contro i capi della sentenza gravata dei quali si domanda la riforma.

9.3. La norma impone che le ragioni della decisione, esposte nella motivazione della sentenza, siano sottoposte ad un puntuale vaglio critico, volto a metterne in risalto, di fronte al Giudice del grado successivo, l’erroneità in punto di fatto o in punto di diritto (Cons. Stato, sez. V, 26 agosto 2020, n. 5208;
sez. V, 26 marzo 2020, n. 2126;
sez. IV, 24 febbraio 2020, n. 1355).

9.4. La parte non può limitarsi, dunque, a riproporre i medesimi motivi di ricorso già valutati in primo grado oppure ad individuare i capi della sentenza che ritiene erronei e, poi, a riproporre, sia pure con differente formulazione, quelle doglianze che hanno ad oggetto il solo provvedimento gravato in primo grado.

9.5. Con il motivo in esame, gli appellanti ripropongono, sostanzialmente, la censura di primo grado, senza formulare una precisa critica al capo della sentenza che lo ha dichiarato infondato.

9.6. Ne consegue, pertanto, la violazione dell’art. 101 c.p.a. che prevede la formulazione di motivi specifici di appello.

10. Con il quarto motivo, gli appellanti evidenziano l’erroneità della motivazione del T.a.r. per non aver considerato che le particelle nn. 103, 104 e 463, destinate a “Zona F – attrezzature pubbliche e ad uso pubblico – V.P. verde pubblico attrezzato”, nella precedente pianificazione presentavano, in parte, una destinazione a “Zona C”. Si insiste, inoltre, sulla natura espropriativa della nuova pianificazione.

10.1. Il quarto motivo di appello è infondato.

10.2. Va ribadito che le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito (fra le più recenti, cfr. Cons. Stato, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
Sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
Sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560;
Sez. IV, 17 ottobre 2019, n. 7051;
Sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5960;
Sez. II, 7 agosto 2019, n. 5611;
Sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4345;
Sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3986) e non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente strumento urbanistico, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli, essendo sfornita di tutela la generica aspettativa di fatto alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente P.R.G. (Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2021 n. 2420;
Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456;
Sez. IV, 24 giugno 2019, n. 4297;
Sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094;
Sez. IV, 24 marzo 2017, n. 1326;
Sez. IV, 11 novembre 2016, n. 4666).

10.3. Né può convenirsi con la parte odierna appellante laddove lamenta di aver subito un’espropriazione de facto della proprietà, essendo evidente che la destinazione impressa alle aree per cui è causa costituisce applicazione degli ordinari poteri di “zonizzazione” spettanti al Comune.

11. Con il quinto motivo, gli appellanti impugnano il capo della sentenza relativo alla reiezione del quinto motivo di ricorso di prime cure, rilevando che il T.a.r. avrebbe travisato la doglianza proposta e che si sarebbe censurato, non già la mancata pubblicazione del piano, ma che “ il Comune di Teverola ha approvato il Piano senza recepire tutte le osservazioni formulate dalla Provincia …”.

11.1. Il quinto motivo di appello è inammissibile.

11.2. Il T.a.r. ha infatti respinto la censura di primo grado affermando che “ i ricorrenti non hanno chiarito il loro interesse all’accoglimento di tale censura, in quanto le osservazioni disattese non riguardavano la disciplina dei fondi di loro proprietà ” e soggiungendo, successivamente, che “… le osservazioni formulate dalla Provincia e non accolte hanno riguardato singoli aspetti dello strumento urbanistico … che non ne hanno modificato o alterato il complessivo impianto …”.

11.3. Mentre gli appellanti hanno articolato un motivo di impugnazione di quest’ultima parte della motivazione, il primo punto del capo che ha respinto il quinto motivo di ricorso non risulta essere stato gravato.

11.4. Ne consegue l’inammissibilità della censura per difetto di interesse, in quanto la statuizione di reiezione resisterebbe all’eventuale accoglimento di quanto dedotto dagli appellanti, in ragione dell’inoppugnabilità del punto della motivazione non gravato.

12. In conclusione, alla luce delle suesposte motivazioni, l’appello va respinto, con integrale conferma della sentenza di primo grado.

13. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e dei criteri di cui all’art. 26 comma 1 c.p.a..

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